India: produttore di tè-parte 1
È ben risaputo che l’India si è aggiudicata il secondo posto nella classifica mondiale dei principali Paesi produttori di tè. Ma prima di approfondire le zone di produzione del tè indiano, facciamo un passo indietro di circa due secoli.
È ben risaputo che l’India si è aggiudicata il secondo posto nella classifica mondiale dei principali Paesi produttori di tè.
In India l’abitudine di bere il tè è un’eredità lasciata dai colonizzatori britannici che furono gli artefici dello sviluppo dell’industria del tè in questo Paese. Il successo fu tale che questa piacevole abitudine diventò ben presto un rito quotidiano e, ancora oggi, supera ogni barriera economica e disparità sociale.
Ma prima di approfondire le zone di produzione del tè indiano, facciamo un passo indietro di circa due secoli.
UNO SGUARDO ALLE ORIGINI
Nel lontano 1788, Sir Joseph Banks, botanico di fama e presidente della Royal Society, aveva suggerito per la prima volta che il clima dell’Assam potesse prestarsi alla coltivazione del tè. Il Consiglio di Amministrazione della Compagnia inglese, tuttavia, mostrò scarso interesse, preferendo dare la precedenza alle fonti di approvvigionamento dalla Cina che si basavano sul conveniente scambio illegale tra il tè cinese e l’oppio indiano. Fu solo dopo le guerre dell’oppio che la Corona iniziò a valutare la necessità di incoraggiare la produzione di tè in altre zone dell’Impero coloniale britannico.
Il monopolio della Cina sulla produzione di tè doveva essere spezzato. E quale modo migliore per farlo se non esplorando la possibilità di coltivarlo in una nazione, l’India, che era sotto il controllo della Compagnia delle Indie Orientali?
Iniziò così la ricerca, prima con scetticismo per i ripetuti esperimenti fallimentari e poi con maggiore ottimismo, per arrivare infine al successo.
E finalmente l’8 maggio 1838 a Londra, gli amanti del tè poterono attendere con il fiato sospeso il veliero Calcutta con a bordo il primo prezioso carico proveniente da questa terra lontana ed esotica.
LA RICERCA DEL TE’ NELL’UPPER ASSAM
Avendo negli occhi l’immagine odierna del familiare “cespuglio”, è difficile pensare che il tè potesse essere, nella sua forma originale non soggetta a potature, un vigoroso albero ad alto fusto con foglie grandi fino a 20-22 cm di lunghezza e a 10 cm di larghezza.
Il primo ad avere questa intuizione fu il commerciante scozzese Robert Bruce. Sfortunatamente morì prima di ricevere dal Giardino Botanico di Calcutta la conferma di aver scoperto una varietà autoctona di tè, diversa da quella cinese già nota. La conferma arrivò al fratello Charles, il quale per anni si sforzò per far stabilire che anche dalla pianta del tè indigena si poteva produrre un tè pregiato. Ma si impegnò tenacemente e con l’aiuto di due produttori cinesi da lui reclutati, a bordo del Calcutta, inviò una partita di quarantasei casse al Tea Committee di Londra. Di queste, una buona parte ammuffì durante il trasporto e solo otto casse arrivarono in buone condizioni. Una commissione costituita da membri della Compagnia delle Indie Orientali, oltre che da famosi intenditori di tè come Richard Twinings, ispezionò il carico e approvò la sua qualità.
Questo successo provocò una tale euforia che investitori inglesi fondarono l’Assam Company per affittare terreni da destinare alla coltivazione del tè. In quasi due secoli, la circoscritta area dell’Assam è diventata la maggior produttrice a livello mondiale.
Nel frattempo, nel Darjeeling…
Nel 1839, un chirurgo civile, il dottor Campbell, fu trasferito da Kathmandu come sovrintendente della regione di Darjeeling, appena acquisita, per la quale gli Inglesi avevano ottenuto un contratto di locazione dal Maharaja del Sikkim. Si erano resi conto dell’idoneità di queste colline salubri per realizzare un sanatorio. Tuttavia, questi climi freschi si sarebbero presto rivelati, più che altro, un grande successo per la coltivazione del tè. Il dottor Campbell provò a interrare alcuni semi di tè (della varietà cinese e non assamica) vicino alla sua residenza a Beechwood. Ben presto crebbero alcune piante (ancora oggi esistenti) e nel 1847 il governo decise di sviluppare dei vivai per provare a coltivare il tè anche in questa area pre-himalayana.
Nel giro di qualche decennio, la coltivazione del tè venne estesa anche nella zona confinante, Terai e, successivamente a Dooars, dove la varietà assamica si dimostrò più adatta.
Spostandosi a nord-ovest, nel distretto di Kangra venne inaugurata la prima piantagione su scala commerciale nel 1852.
ALLA RICERCA DI NUOVE OPPORTUNITA’
Il successo inarrestabile del tè trovò nuovi sbocchi nell’India meridionale: le prime piantine vennero piantumate in una fattoria sperimentale e, nel 1854, una piantagione vicino a Coonoor fu la prima a produrre il tè di Nilgiri. Letteralmente “Monti azzurri”, nella regione del Nilgiri per la sua posizione e le temperature più miti è possibile raccogliere il tè tutto l’anno. Per questo motivo, si colloca al secondo posto, dopo l’Assam, per la resa annuale nazionale.
IL SAPORE DEL TE’ DARJEELING
La piccola ed esclusiva area intorno a Darjeeling, nello stato del Bengala occidentale, è un vero gioiello nello scrigno indiano del tè. Si estende lungo vallate strette e pendii al confine tra Nepal, Bhutan e India. La pittoresca cittadina è arroccata a circa 2.000 metri sul livello del mare e deriva il suo nome da “Dorje” (fulmine, in lingua tibetana) e “Ling” (luogo, terra). Ed è proprio vero: la regione è spesso sovrastata da nuvole capricciose che danno origine a frequenti rovesci di pioggia. Grazie a questa costante umidità e alle nubi che avvolgono come un candido manto le piantagioni, qui crescono alcuni dei migliori tè al mondo. L’esclusività del tè Darjeeling gli è valso l’onore di essere il primo prodotto in India ad aver ottenuto l’Indicazione Geografica (IG).
Grazie a questo riconoscimento, nessun altro tè può essere etichettato come “Darjeeling” a meno che non sia prodotto in questo distretto specifico: solo 87 piantagioni di tè, distribuite in queste valli alle pendici della catena Himalayana. Le piantagioni di tè del Darjeeling producono ogni anno circa 9,6 milioni di kg di tè che equivale a poco più dell’1% di tutta la produzione indiana: un prodotto di nicchia dal gusto unico che può essere attribuito al clima, al terreno, alla pendenza, alla nebbia di montagna e alla pioggia che influenzano questo terroir. La maggior parte delle piante appartiene alla varietà originale cinese, la Camellia Sinensis Sinensis, più delicata, complessa e fragrante rispetto alla varietà Assamica. Anche la crescita è più lenta e le foglioline sono più piccole. Queste caratteristiche fisiche, unite alla raccolta laboriosa (tutta manuale per via del terreno molto scosceso), danno una produttività per ettaro molto inferiore rispetto all’Assam o alle altre zone di produzione indiane. Questo spiega il prezzo di mercato più alto.
Nel Darjeeling non si raccoglie tutto l’anno, ma solo in alcuni momenti specifici che danno origine al nome del raccolto. Si parla, quindi, di:
- First Flush – da metà marzo alla prima settimana di maggio
- Second Flush – da inizio giugno alla prima settimana di luglio
- Monsoon Flush – da metà luglio a metà ottobre
- Autumnal Flush – da metà ottobre a metà novembre
Ogni raccolto è unico e presenta caratteristiche diverse l’uno dall’altro.
Il raccolto primaverile è più fragrante, floreale ed è ottenuto dai germogli più freschi e teneri che crescono dopo il periodo invernale di dormienza delle piante. Se vogliamo fare un paragone con i vini, il Darjeeling First Flush è il Beaujolais: il prodotto tanto atteso, una volta che l’inverno si è attenuato.
Il Second Flush, segna l’arrivo dell’estate e porta in tazza note di frutta matura, in particolare di moscatello. Anche questo raccolto è ricercatissimo dagli estimatori dei Darjeeling: pensate che il picco del moscatello dura solo cinque giorni!
Il tè raccolto durante i monsoni, invece, è più scuro in tazza, meno complesso e destinato prevalentemente ai blends.
Arriviamo, infine, al raccolto autunnale meno famoso rispetto al tè primaverile o estivo, ma assolutamente degno di nota per la sua dolcezza priva di astringenza: una vera caramella per scaldare i rigidi pomeriggi di novembre.
QUINDI
Vi chiederete come mai sono partita proprio dall’India per iniziare questo percorso di approfondimento dei principali Paesi produttori di tè.
La risposta è semplice: dopo una pausa di quasi tre anni dovuta alla pandemia, mi affascinava l’idea di vivere in prima persona il momento del primo raccolto primaverile che, oltre ad essere l’eccellenza assoluta della produzione indiana, simboleggia la rinascita e, nel mio caso personale, il riprendere a viaggiare alla ricerca di tè rari e pregiati. Questo Paese è così ricco di fascino che non bastano poche righe per una sua trattazione esaustiva. Vi rimando al prossimo mese per continuare ad approfondire la produzione in Assam e per scoprire altre zone di questo immenso e lussureggiante angolo di mondo.
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